Incipit:

La legge 170 dell’otto ottobre 2010 ha riconosciuto la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia come “Disturbi Specifici Dell’Apprendimento” (DSA). Da quell’agognato giorno aleggiava nell’immaginario collettivo la speranza che la scuola avrebbe messo immediatamente in atto tutte le misure dispensative e compensative necessarie per favorire un’offerta formativa finalmente nuova e personalizzata, tutti pensavano che gli insegnanti avrebbero chiesto in massa dei corsi di aggiornamento per essere all’altezza di un insegnamento che doveva trasformarsi ed adeguarsi ai bisogni educativi specifici, caso per caso, mettendosi in discussione, stravolgendo il proprio metodo, uscendo dai classici schemi di valutazione. Ma chi sperava nel veloce cambiamento è rimasto deluso: chiedere di trasformare una diagnosi in strategie educative ed obiettivi da raggiungere ha provocato un senso di smarrimento totale; leggere le linee guida indicate dalla legge e “studiarle” era per i docenti destabilizzante, poiché metteva in discussione metodi di insegnamento che per decenni avevano formato milioni di studenti e nessuno di loro aveva mai osato lamentarsi, perché, nell’eventualità di un insuccesso, il problema era scaturito dal minimo impegno dell’alunno stesso. Prima battaglia da affrontare: informare tutti gli addetti ai lavori dell’esistenza di una legge in materia di dislessia. Era questo il primo punto di partenza. - 8 - Bozza Ma oggi sono passati un po’ di anni, adesso la conoscono tutti, ma in me una domanda nasce spontanea: perché approvare una legge senza prevedere delle sanzioni? Leggendo qualche concetto semplice di diritto, si evince immediatamente che una norma senza sanzione è una norma definita “imperfetta”. L’introduzione della sanzione può riassumersi in ruolo riparatorio nel caso in cui una persona viene danneggiata, ma anche in ruolo preventivo mosso dalla paura di una sanzione. Fin quando questa legge non dimostrerà di essere “perfetta”, si assisterà ad atteggiamenti lascivi, poco professionali, a volte addirittura scontrosi… fino ad arrivare al negazionismo assoluto del bisogno di una didattica individualizzata, per lasciare il posto a colpevolizzazioni, scarso impegno e poca dedizione allo studio. Certo, oggi non reggono i paragoni con il trattamento riservato agli alunni dislessici di dieci, venti o trent’anni fa : etichettati come pigri, poco inclini allo studio, fino a definirne uno di 9 anni “privo di amor proprio, ostile ad ogni forma di stimolo, si rifiuta di leggere ad alta voce, seppur continuamente spronato a farlo”. Ma quel negazionismo è tuttora presente, si è solo trasformato in dichiarazioni ridicole di chi afferma che la dislessia sia diventata una forma di “epidemia”. Tali affermazioni sono osate poiché non esistono statistiche e dati precedenti alla legge. Difatti i dislessici sono sempre esistiti, ma sono rimasti invisibili per molto tempo, si sono immolati ad una vita scolastica vissuta tra insuccessi e frustrazioni. Per molti di loro aver raggiunto il successo nella vita e nella propria professione ha rappresentato una scoperta, una grande soddisfazione, uno schiaffo morale a chi non aveva riposto speranze nel loro futuro; coloro che non ce l’hanno fatta non sapranno mai perché, si saranno sicuramente rassegnati ad essere nati “inadatti allo studio”. Ma adesso è arrivato il tempo della consapevolezza, dell’orgoglio, di tutti quei sentimenti positivi che non faranno mai più sentire inferiori rispetto ad uno standard, perché uno standard non esiste, ma esiste la persona, nella sua singolarità, nella sua identità, nella sua fragilità, nella sua unicità, nelle sue capacità, da rispettare in tutte le fasi dello sviluppo e della formazione. - 9 - Bozza Basterebbe solamente dare un’occhiata alla legge 170/2010, dove tutto questo è enunciato esplicitamente, basterebbe riferirsi alle Indicazioni Nazionali del 2012, dove si pone in evidenza a chiare lettere la centralità della persona, quindi una nuova offerta formativa che gli insegnanti dovrebbero progettare non per individui astratti, ma per persone, caratterizzate dalla propria unicità, al fine di evitare che le differenza diventino disuguaglianze. Non è difficile, basta volerlo.

Tiziana Di Lecce

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